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Le ombre del cuore di Alessia Lo Bianco -Segnalazione-


Chi è Lady Isabel Langley?E soprattutto, che cosa vuole dal marchese di Killerney?Le ombre del cuore di Alessia Lo Bianco sta per arrivare,ma qui c'è il primo capitolo tutto per voi. 


Titolo: Le ombre del cuore
Autrice: Alessia Lo Bianco*
Editore: Emma Books
Collana: Vintage
Taglia: L
Prezzo: €3,99 – in PREORDER su Amazon e iBooks di Apple
Data di pubblicazione: 10 ottobre 2018

Inghilterra, 1818. Per salvare l’onore della famiglia, Lady Isabel Langley non ha scelta: deve incontrare il diavolo in persona. Così, nel bel mezzo di una tempesta, giunge alle porte di Thornswood Hall dove propone al marchese di Killerney, Aiden Danvers, dissoluto e privo di scrupoli, uno scellerato patto: se lui le concederà due settimane per ripagare il debito contratto dal fratello, lei si concederà a lui. 
Incuriosito da quella fanciulla dalle forme sensuali nascoste da un abbigliamento ordinario, Killerney decide di capovolgere l’offerta: se entro sette giorni e sette notti non sarà la stessa Isabel a implorarlo di farla sua, lui la lascerà andare cancellando l’intera somma. Convinta di vincerla a occhi chiusi, Isabel accetta quasi senza esitazione la sfida. Che, tuttavia, si rivelerà molto più difficile da affrontare…




*Alessia Lo Bianco è nata a Palermo nel 1989. Studia scienze storiche e, nel tempo libero,
si dedica alla scrittura e all’accoglienza dei turisti nella sua città per un’associazione culturale. Ha partecipato a molti concorsi letterari e ha scritto numerosi racconti e romanzi come Notte di fuoco, D’oro e di velluto, Scia di fuoco e Nel bel mezzo di una notte d’autunno. Con Emma Books ha pubblicato La duchessa di ghiaccio.


Sedotti  grazie ad Emma Books ecco per voi un estratto del nuovo libro in uscita il 10 ottobre.




Inghilterra, Northumberland, 1818

Non aveva mai pensato che il diavolo potesse avere occhi così belli. Lady Isabel Langley, fradicia di pioggia e intirizzita dal freddo, sostenne lo sguardo indagatore del marchese di Killerney senza battere ciglio. Stava ritta e immobile, a gocciolare sul consunto tappeto di quello che un tempo doveva essere stato un magnifico salotto, in attesa di un segno. Qualunque segno.Il temporale l’aveva colta di sorpresa appena partita da Newcastle e si era scatenato quando ormai il viaggio verso Thornswood Hall l’aveva condotta quasi alle porte dell’antica dimora. L’orlo della gonna era in uno stato pietoso poiché, a causa delle impraticabili condizioni del terreno, aveva dovuto abbandonare la carrozza a metà strada e percorrere a piedi il resto del sentiero che conduceva dai cancelli secondari della tenuta all’ingresso vero e proprio della casa. La gonna, tuttavia, rappresentava in quel momento l’ultimo dei pensieri di Isabel.Thornswood Hall era di per sé un luogo tetro ma, quando la luce dei fulmini si riversava sulle sue torri merlate di pietra grigia, pareva quasi spettrale. Davanti a quel desolante spettacolo di abbandono e miseria, Isabel aveva sentito per la prima volta il coraggio vacillare e la paura avvolgerle il cuore.Non sapeva cosa aspettarsi ma sentiva di essere ormai prossima al crollo. Un dolore sordo le pulsava nelle tempie e ogni singolo muscolo del corpo era teso fino allo spasimo nel tentativo di mantenerla salda sulle gambe.Sfinita dal lungo viaggio e avvilita com’era, aveva soltanto voglia di stendersi da qualche parte e dormire. Si sarebbe accontentata anche del nudo pavimento se non avesse avuto altra scelta. Temeva più di ogni altra cosa che la stanchezza, sia fisica sia dello spirito, potesse infine avere la meglio sulla sua povera anima affranta. Non poteva permetterlo. Non adesso almeno. Aveva ancora un ultimo compito da portare a termine e nulla avrebbe potuto fermarla. Neanche le fiamme dell’inferno.E poi c’erano quegli straordinari occhi di cobalto fissi su di lei a ricordarle tutta l’importanza della sua missione. La intimidivano e la innervosivano più di quanto fosse disposta ad accettare e questo la spingeva ad alzare le difese a spese, purtroppo, del proprio autocontrollo. Screziati di grigio e ombreggiati da lunghe ciglia, quegli occhi avevano lo stesso colore del mare in tempesta e, proprio come il mare in tempesta, parevano nascondere oscuri abissi sferzati da forze implacabili. Si poteva facilmente indovinare un carattere impetuoso dietro la loro placida apparenza d’imperturbabilità. L’azzurro delle iridi pareva quasi una cosa viva, animata da un’intensità che lei non aveva mai visto prima. Gli occhi del diavolo non potevano che essere così, si disse. Spaventosamente magnifici.Per quanto si sforzasse, non riusciva a distogliere il viso da essi. Era sorprendente l’insistenza con la quale parevano chiamarla a sé. Sorprendente e terribile. Isabel deglutì il groppo di sconosciute emozioni che aveva in gola. Si rendeva conto sempre più che, se voleva assicurare al suo piano anche solo una minima possibilità di riuscita, avrebbe ben presto dovuto imparare a contrastarne il devastante effetto. Con tutti i mezzi che aveva a disposizione. E ad ogni costo.Un attimo dopo, tuttavia, una folle idea le attraversò la mente. Talmente folle da lasciarla a bocca aperta.E se tutta la mia vita non fosse stata che una lunga attesa per arrivare proprio a questo momento? E se la ragione di tutto fosse proprio ritrovare questo azzurro e poter finalmente annegarci dentro, leggera come una foglia sulla superficie increspata dell’acqua, finalmente libera e felice come mai prima… All’improvviso una voce maschile, bassa e roca, la strappò ai suoi pensieri e la costrinse a tornare con i piedi per terra. Killerney la osservava con espressione annoiata. «Non statevene lì impalata» le ordinò in tono spazientito. «E toglietevi dalla faccia quell’insopportabile espressione da vergine sacrificale» continuò. «Fino a prova contraria siete stata voi a bussare alla mia porta e, che ci crediate o no, al momento non ho il benché minimo desiderio di scoprire cosa nascondiate sotto quell’orrida gonna che avete indosso.»Isabel, colta di sorpresa, sussultò e avvampò d’imbarazzo. Come osava quell’uomo spregevole rivolgerle parole simili?Eppure quella voce le era scivolata addosso come miele caldo e per poco non si era lascata sfuggire un piccolo grido di meraviglia.Ha un leggero accento francese. Aveva la vista annebbiata e si rese conto di respirare a fatica. Strinse i pugni. Doveva togliersi di dosso quella sensazione. Batté le palpebre e lentamente i contorni di quella misera stanza dalle pareti scrostate, spoglia e fredda come gli alberi d’inverno, si fecero di nuovo nitidi.  Chinò il capo e, con un brivido, scoprì quegli occhi straordinari ancora puntati su di lei.L’uomo che le stava di fronte, con il corpo allungato sopra una lussuosa poltrona color cremisi e l’espressione annoiata, sembrava fatto di marmo. Il fuoco del camino illuminava soltanto in parte la sua figura e le ombre giocavano irrequiete sui tratti decisi del viso accentuandone la durezza. La mascella squadrata, gli zigomi alti e il naso aquilino stridevano con le linee morbide delle labbra carnose e ben disegnate, creando un curioso miscuglio di determinazione e sensualità.Chi aveva scolpito i lineamenti di Aiden Danvers, marchese di Killerney, lo aveva fatto con mano rozza e, al tempo stesso, con grande passione. Erano senza dubbio l’opera di un artista talentuoso ma frenato ben presto da una spregiudicata ambizione. C’era troppa veemenza nell’espressione della bocca del marchese, come quella di chi è abituato a prendere dalla vita tutto ciò che può, per credere alla sua impassibilità. E c’era troppa spietatezza nel taglio degli occhi, come quella di chi non ha mai concesso né tantomeno conosciuto il significato del perdono, per poterlo credere un uomo disinteressato. Era un curioso insieme d’imperfezioni e contraddizioni. La stessa Isabel ne era rimasta affascinata, suo malgrado, fin dal primo istante. Sembra ghiaccio che brucia, si ritrovò a pensare. È davvero uno strano incantesimo questo. Cosa mi sta succedendo?La voce di Killerney era una di quelle impossibili da dimenticare, così profonda e rauca da poter graffiare l’anima di qualunque donna. Una voce fatta per la notte, per i sussurri a fior di pelle, per i baci rubati al buio. Ha un leggero accento francese, ripeté a se stessa.Perché ne era così meravigliata?Le dita di Killerney, intanto, tamburellavano senza sosta sul bracciolo della poltrona. Gli occhi azzurri scintillavano come gemme preziose nella penombra della stanza.L’uomo la fissava attendendo una risposta ma Isabel era troppo impegnata a controllare lo sfarfallio che le si agitava nello stomaco per pensare a qualcosa da dire.E il marchese sembrava sul punto di perdere definitivamente la pazienza.«Cosa diamine state aspettando?» tuonò lanciandole un’occhiata di fuoco. «Parlate prima che decida di buttarvi fuori e rispedirvi da dove siete venuta.»Isabel si tolse il cappellino, ormai privo di forma, schiarendosi la voce prima di parlare ma, quando finalmente aprì bocca, scoprì con orrore di essere in preda alle balbuzie.«Milord» esordì. «Sono ce-certa di non aver bi-bi-sogno di alcun tipo di pre-presentazione. Sapete be-be-ne chi sono. Pro-pro-pongo quindi di ta-ta-gliare corto con le for-for-malità.» Avrebbe voluto poter scavare una fossa e nascondersi dentro, si sentiva ridicola e patetica come mai in vita sua. Oddio. Non posso crederci.Era quasi sicura che Killerney sarebbe scoppiato a ridere davanti a quella scenetta da quattro soldi che lei gli aveva messo in piedi, ma non credeva di essere pronta a sopportare l’inevitabile derisione che ne sarebbe venuta fuori. Rabbrividì.I leggeri stivaletti in cuoio che calzava, i migliori che possedeva, erano ricoperti di fango mentre il tessuto bagnato dell’abito le si appiccicava alla pelle facendola rabbrividire. Non aveva potuto permettersi, quell’anno, di acquistare abiti nuovi o scarpe più resistenti. Si era dovuta accontentare di quello che già aveva, per quanto vecchio o rovinato potesse essere. Nonostante le interminabili e accorate richieste del maggiordomo che l’aveva accolta sulla soglia di Thornswood Hall, Isabel non aveva voluto saperne di togliere il pesante mantello di lana che la ricopriva dalla testa ai piedi. Si era soltanto limitata ad abbassare il cappuccio e ad allentare i nastri del cappellino sotto il collo.Doveva essere in uno stato pietoso. Il morale di Isabel scese, se possibile, ancora più giù e attese, con lo mente in subbuglio, ma la risata di scherno che temeva non arrivò.L’uomo, infatti, non aveva mosso un solo muscolo. Si era limitato, in effetti, ad arcuare un sopracciglio e a lanciarle l’ennesima occhiata dall’espressione imperscrutabile.«Mi spezzate il cuore milady» rispose in tono annoiato dopo quella che, a Isabel, parve un’infinità. «E io che mi aspettavo di scambiare con voi quattro graziosi convenevoli a proposito del tempo. Per esempio, non trovate che faccia piuttosto freddo per essere soltanto in settembre?»Isabel, infastidita, strinse le labbra.«Sono qui per proporvi un affare milord, non per fare con-conversazione e tanto meno per di-di-ventare oggetto del vostro scherno.»Balbettava ancora un po’ ma stava rapidamente riprendendo il controllo della situazione. Non aveva altra scelta, del resto.«Imploro il vostro perdono allora. Non voglio certo essere accusato di aver infastidito una signora» rispose l’uomo con un ghigno beffardo dipinto in faccia. Lei inclinò il capo. «Non sarei certo la prima signora a essere infastidita da voi comunque» disse in tono tagliente.Chi credeva di essere quell’uomo? Non c’era nessuno in tutta l’Inghilterra e, probabilmente, anche al di là di essa che non conoscesse la sua fama.E Killerney, con grande sorpresa di Isabel, questa volta scoppiò a ridere. Una risata splendida, piena e ricca di sfumature.«E non sarete neanche l’ultima ve l’assicuro» le rispose divertito. «Tuttavia, sono costretto a sottolineare che molto spesso le signore che infastidisco sembrano ben felici di essere infastidite da me.» Fece una pausa e poi, scrollando le spalle con noncuranza aggiunse: «In realtà, lo sono sempre».«Non ho alcun desiderio di discutere con voi delle vostre conquiste in campo sentimentale né tantomeno del successo che ricevete presso il gentil sesso, milord» replicò Isabel con durezza.«Ah, quindi siete d’accordo nel ritenerla una carriera di successo milady?»Isabel arrossì. «Non intendevo dire questo» borbottò, protestando debolmente. «Lo avete affermato appena dieci secondi fa» replicò subito il marchese. «O forse il vostro era un sottile stratagemma per mettere in discussione la mia virilità? In tal caso posso fugare i vostri dubbi in proposito senza indugio.»Isabel alzò di scatto la testa. «Non ose-ose-reste.» «Oserei eccome invece» le rispose lui con divertita arroganza. «Ho idea, tuttavia, che nel vostro caso potrei incontrare non poca resistenza.»«Non ve lo permetterei mai» aggiunse subito Isabel con rabbia.«Vi posso assicurare, milady, che più aspra è la protesta, più dolce si rivela poi la resa» le rispose il marchese con voce carezzevole. «Mi avevano avvertita che eravate un essere disgustoso ma devo dire che la realtà supera di gran lunga la fantasia» sibilò Isabel.«Mi lusingate tesoro» la liquidò lui con un rapido gesto di mano. «Per quanto, tuttavia, io ami sentire parlare di me stesso, devo necessariamente deviare il corso di questa deliziosa conversazione». Il marchese sorrideva ma era un sorriso che, per quanto affascinante, non riusciva a toccare gli splendidi occhi azzurri. «Devo ammettere che mi sfugge il significato di questo nostro adorabile tête-à-tête» continuò. «Aiutatemi dunque a capire. Se eravate già stata avvertita della mia deplorevole condotta, allora perché siete qui? Volevate sincerarvene di persona forse?»Isabel imprecò silenziosamente. Killerney era furbo e, impossibile negarlo, viscido come un serpente.«Cre-cre-dete davvero che sia venuta fin qua soltanto per un mio capriccio o per soddisfare una banale curiosità?»«Non siete in gita di piacere quindi? Che disdetta!» esclamò l’uomo sempre più divertito.«So-no qui per affari» rispose fra i denti Isabel.  Killerney arcuò di nuovo un sopracciglio. «Affari?» disse. «Beh, a questo punto sono proprio curioso di sentire che tipo di affare può avanzare, ora come ora, una donna come voi» fece una breve pausa. La squadrò da capo a piedi, con una lunga occhiata che pareva dire tutto e niente insieme. «Lady Isabel Langley» continuò poco dopo pronunciando il suo nome come se ne stesse assaporando ogni singola lettera, «è un peccato che non ci abbiano mai presentati.»Isabel trattenne il respiro. Killerney, evidentemente, si stava divertendo un mondo e non aveva alcun problema nel farglielo capire. Nessuno, in tutta Londra, dotato di un ragionevole buon senso,  avrebbe mai osato presentare un uomo del genere a una donna come lei.Per Isabel, come per qualunque altra ragazza intenzionata a salvaguardare la propria reputazione, anche rimanere nella stessa stanza da sola con Killerney più di cinque minuti sarebbe stato fatale. Quando si verrà a sapere quello che hai fatto, ti faranno a brandelli. Ne uscirai distrutta Isabel Langley e sarà soltanto colpa tua.La vera domanda però era: le importava davvero? «Forse non frequentiamo gli stessi circoli, milord» rispose sforzandosi di scandire bene soprattutto l’ultima parola. Voleva fargli capire che, per quanto entrambi appartenessero alla stessa classe sociale, Isabel comunque non apparteneva al suo mondo.Una distanza abissale li separava ed era un tipo di distanza che niente e nessuno avrebbe mai potuto colmare.«Intendente i bordelli?» suggerì lui con malcelata ironia. «Suvvia, non vi buttate giù. Scommetto che con un po’ di buona volontà e un doveroso cambio d’abbigliamento, anche voi potreste entrarne a far parte.» Prima di continuare fece una breve pausa e la utilizzò per esaminarla con occhio critico dall’orlo sporco di fango della gonna fino ai capelli aggrovigliati dalla pioggia e dal vento. «Vi avverto, tuttavia, che nel qual caso sarà necessario tutto il vostro impegno.»Le parole di Killerney erano simili a lame affilate e Isabel sentì un lieve pizzicore agli occhi.Che cosa ti aspettavi? Non sei mai stata bella e mai lo sarai. Sei una vecchia zitella dal naso lungo, con i fianchi larghi e gli occhi sporgenti. «Sono qui per parlare d’affari e vi confesso che il doverlo ripetere comincia a stancarmi, milord» replicò con voce secca, decisa a ignorare una volta e per tutte la voce che, dentro la testa, continuava a dirle quanto fosse ridicola e insignificante agli occhi non soltanto di quell’uomo magnifico e irraggiungibile, ma a quelli di tutti. «Non posso permettermi di sprecare né il vostro né tantomeno il mio tempo.»Killerney si sistemò più comodamente sulla poltrona e, alzando le lunghe gambe, appoggiò i piedi su un piccolo tavolo di legno davanti a sé. Indossava una camicia che aveva visto sicuramente giorni migliori e calzava un paio di stivali incrostati di fango. Una ciocca ribelle di capelli neri, troppo lunghi per i canoni della moda, gli ricadeva sulla fronte spaziosa, conferendogli un’irresistibile aria da selvaggio.«Non ho mai trovato piacevole discutere d’affari, mia cara, meno che mai con una signora» disse. «Dubito che siano state delle signore quelle con cui avete discusso d’affari» ribatté Isabel con ferocia. Killerney sorrise. «Dolcezza, voi osservate il mondo con una tale ingenuità da rasentare il ridicolo» disse. «In caso ve lo stiate domandando, ho scopato più contesse e duchesse di quante possiate immaginare.» Poi, guardandola dritto negli occhi, aggiunse: «Non mi piace pagare per ottenere del sesso. Preferisco di gran lunga che quest’ultimo mi venga concesso spontaneamente».«Permettetemi di conservare le mie riserve sull’argomento, milord» replicò con freddezza Isabel ma, d’un tratto, si sentì a disagio. Fino a quel momento aveva pensato di essere perfettamente padrona di sé e delle proprie azioni ma adesso cominciava a sospettare che, fra i due, fosse Killerney quello che in realtà possedeva il controllo della situazione, un controllo che l’uomo esercitava in modo incondizionato senza che lei se ne accorgesse. Il marchese dirigeva la conversazione come e dove preferiva. Si divertiva a provocarla, a irritarla, a offenderla.«Smettetela» disse all’improvviso. «Smettetela subito.» «Di fare cosa tesoro?» domandò lui con fare mellifluo.«Questo» rispose con irritazione Isabel. «Non avete fatto altro che distogliere la mia attenzione. Cerco di parlare con voi da almeno un’ora e ancora non me ne avete dato la possibilità.» Batté il piede sul pavimento con rabbia. Killerney, per nulla impressionato, inclinò la testa e sollevò gli angoli della bocca in un sorriso soddisfatto. «Se proprio volete parlare d’affari, mia cara, allora parleremo d’affari» acconsentì. «Prima di cominciare, tuttavia, toglietemi una curiosità.» L’uomo s’interruppe. Fu una pausa strategica, studiata con intelligenza e che raggiunse subito lo scopo per il quale era stata ideata. Isabel sussultò. Credeva di sapere cosa sarebbe venuto dopo e lo temeva. «Correggetemi se sbaglio ma gira voce che vostro fratello, a quanto pare, navighi al momento in acque piuttosto burrascose se mi permettete l’espressione» disse e poi, usando un tono di voce che lasciava chiaramente trasparire disprezzo e scherno, continuò: «È davvero una sfortuna quando un giovane di buone speranze e ottima famiglia come lui finisce con il perdere il lume della ragione, oltre che l’intera eredità, al tavolo da gioco».Isabel gli puntò allora lo sguardo addosso, d’un tratto così furiosa da dimenticare quasi il nervosismo che la spingeva a vacillare come una stupida davanti alla consumata abilità da seduttore dell’uomo.Il fatto che lui fosse a conoscenza di tutto rappresentava, per lei, un problema. Significava che non poteva bluffare. Che non poteva essere lei quella a tenere il coltello dalla parte del manico. Significava avvicinarsi di dieci passi al fallimento.Isabel sospirò. Aveva sperato che i dettagli della sconfinata catastrofe finanziaria provocata dal fratello fossero rimasti nascosti agli occhi di tutti eccetto che della interminabile lista di creditori dei Langley ma non era stato così.Killerney sapeva ogni cosa e lei, in quel momento, avrebbe disperatamente voluto una pistola carica con la quale togliergli quel sorriso dalla faccia, anche se dubitava che la minaccia di qualsiasi arma sarebbe stata sufficiente per farlo. Il marchese sembrava proprio il tipo d’uomo capace di ridere davanti alla morte e farsene beffa. Negli splendidi occhi azzurri di lui baluginava di tanto in tanto una scintilla di follia che Isabel non tardò a riconoscere. Quello che la sconvolgeva era, piuttosto, il fatto di non esserne per niente spaventata. Al contrario, ne era affascinata. Come una falena attratta dalla fiamma, Isabel scoprì in sé il desiderio di sfiorare con le mani quella scintilla, permettere al fuoco che avrebbe sprigionato di divorarla e bruciare fino alla fine dell’eternità.Sciocca, sciocca ragazza. 



Stay tuned sedotti!! ne leggeremo delle belle!

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